Ripercorriamo le tappe della scoperta della malattia.
Diverse fonti antiche descrivono sintomi simili a quelli della malattia di Parkinson.
Dopo Galeno e fino alla fine del XVII secolo, non vi sono altri riferimenti chiari relativi alla malattia.
Nei secoli successivi, diversi autori hanno documentato le varie caratteristiche della malattia.
Tra di essi ricordiamo: Franciscus Sylvius, Hieronymus David Gaubius, John Hunter e Auguste François Chomel.
Nel 1817 un medico inglese, James Parkinson, pubblicò un saggio in cui segnalava sei casi di paralisi agitante.
Parkinson descrisse il caratteristico tremore a riposo, la postura e l'andatura anomala, la paralisi, la diminuzione della forza muscolare
e il modo in cui la condizione progredisce nel tempo.
Tra le varie scoperte, Charcot ha il merito di aver compiuto la distinzione tra la rigidità, la debolezza e la bradicinesia.
Egli ha anche sostenuto la ridenominazione della malattia in onore di James Parkinson.
Nel 1912, Frederic Lewy descrisse le particelle microscopiche nel cervello colpito dalla malattia, poi chiamate "corpi di Lewy".
Nel 1919, Konstantin Tretiakoff scoprì che la substantia nigra è la principale struttura cerebrale colpita.
Questa scoperta non fu ampiamente accettata fino a quando non venne confermata da successivi studi pubblicati da Rolf Hassler nel 1938.
Nel 1950 i cambiamenti biochimici alla base del cervello sono individuati grazie soprattutto al lavoro di Arvid Carlsson.
Nel 1997, l'alfa-sinucleina è risultata essere il principale componente dei corpi di Lewy.
La somministrazione di anticolinergici e la chirurgia sono stati i trattamenti utilizzati fino all'introduzione del farmaco levodopa, che ha ridotto drasticamente il loro uso.
Nel 1911 Kazimierz Funk sintetizza la levodopa, ma ricevette poca attenzione fino alla metà degli anni venti.
Entrò successivamente nella pratica clinica nel 1967, portando una rivoluzione nella gestione della malattia.
Dalla fine del 1980 la stimolazione cerebrale profonda è considerata essere un possibile trattamento.
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